Perché l’intelligenza emotiva può salvare le tue relazioni
Non è mai esistito un altro periodo storico dove la tecnologia è stata predominante nelle relazioni sociali come questo. Non solo le nuove forme di comunicazione ma la stessa natura della società civile, gli schemi, gli obiettivi, gli standard che regnano nel mondo occidentale fanno del XXI secolo un tempo estremamente complesso.
Tutto questo uniformarsi verso modelli spesso difficili da eguagliare mette in evidenza tutta l’aggressività individuale e le relazioni individuali e collettive ne risultano compromesse. In questo scenario forse un po’ apocalittico ma certamente veritiero, l’importanza dell’intelligenza emotiva diventa fondamentale.
Cos’è l’intelligenza emotiva
Sembrerebbe una cosa complicata, forse lo può essere nella pratica, ma in breve significa avere dimestichezza con le sensazioni e gli stati d’animo che proviamo. Le reazioni normali delle persone alla consapevolezza di una emozione sono tipicamente due:
- Farsi rapire dall’emozione e agire in funzione di essa senza alcun freno
- Reprimere la sensazione interiore ignorando importanti messaggi del cervello
Parlare di intelligenza emotiva significa cercare un connubio, un perfetto equilibrio tra la ragione e l’emozione. Solo valutando entrambe, le soluzioni che si scelgono nella vita possono rappresentare le migliori scelte per noi. Svariate ricerche dimostrano i benefici di una corretta gestione delle emozioni:
- Una sensazione di benessere
- Più lucidità nel prendere decisioni importanti
- Si vivono relazioni più sane e stabili
- Migliori performance personali
Quante emozioni si provano contemporaneamente
A differenza del pensiero razionale che ci induce a concentrarci su una sola cosa, le emozioni spesso arrivano in contemporanea. La maggior parte delle volte ce n’è una predominante e quindi siamo portati a pensare di provare solo quella. In realtà spesso viviamo una esplosione di sensazioni diverse che se valutate tutte insieme darebbero un quadro più completo di quello che proviamo.
Faccio un esempio comune in maniera che sia più chiaro. Ti sarà certamente capitato di litigare con il tuo partner (se dici no non ci credo!). Spesso la discussione può prendere pieghe inaspettate e diventare più aggressiva del previsto. Nel momento del dialogo sentirai l’arrabbiatura che ti sale fino alle tempie e ti comporterai influenzata/o da quell’emozione. Alzerai la voce, dirai “peste e corna” dell’altro, farai accuse che onestamente non c’entrano niente con l’argomento in conversazione (questo è tipicamente femminile, devo ammetterlo). Sentirai che la rabbia è l’emozione del momento. Certamente è corretto, sei arrabbiato. Ma sono certa che altre emozioni, in maniera meno vistosa e compromettente, stanno agitandosi nel tuo animo. Proviamo a dirne qualcuna:
- Paura (che il partner rompi la relazione a seguito del litigio)
- Frustrazione (per essere costretto ad alzare la voce per farti sentire)
- Tristezza (per aver trasformato un pomeriggio di relax in un duello di lotta libera)
- Insoddisfazione (perché per quanto dici comunque non ti senti capito)
- Depressione (il partner dice sempre le stesse cose…basta!!)
- Ansia (Oddio e adesso che succede?)
- Nostalgia (appena conosciuti non era così, cosa ci è successo?)
- Confusione (ma cosa mi è capitato, non volevo arrivare a tanto)
- Desiderio sessuale (adesso che non urla più vorrei….)
Se vi state stupendo dell’ultimo punto non ci credo. A volte capita che appena finito di litigare ci si voglia saltare addosso per rimediare, ma la rabbia ha modificato anche i tratti del nostro viso e difficilmente il partner tenterà questo approccio. A nessuno piace essere rifiutato!
L’esplosione di emozioni andrebbe elaborata con più attenzione. Ricordiamoci che il nostro obiettivo è stare bene, con noi stessi e con gli altri. Verificare e accettare tutte le sensazioni che si agitano dentro durante un litigio (come il caso dell’esempio) servirà a riportare la conversazione su livelli più colloquiali. Riuscire a far luce su cosa si prova potrà offrire una diversa chiave di lettura alla discussione. Può darsi che la paura di una rottura abbia scatenato l’arrabbiatura o che l’ansia per un possibile cambiamento ti porti a placare i toni cercando un punto comune.
Le emozioni sono altamente infettive
I neuroni a specchio impazziscono quando riconoscono un’emozione nel volto di una persona cara. Che l’emozione sia contagiosa è una cosa ovvia, puoi facilmente sperimentarla appena rientri a casa da lavoro e il tuo partner ti apre la porta. Vedrai l’anta aprirsi lentamente e scruterai a poco a poco un viso che appare. Nel preciso istante in cui la porta si spalancherà scoprirai il tenore della serata: cenetta con coccole sul divano o pizza a domicilio con discussione incorporata!
Quando ero una ragazzina mia nonna (meravigliosa governante del focolare) si raccomandava che quando avessi avuto marito l’avrei dovuto accogliere al rientro a casa con un sorriso smagliante a 32 denti a prescindere da tutte le catastrofi che mi potevano essere capitate durante la giornata. Vent’anni dopo e ormai separata posso affermare con assoluta certezza che il consiglio di mia nonna era il miglior suggerimento per far durare un matrimonio. Chiaramente vale da entrambe le parti. Spesso si portano a casa tensioni, arrabbiature, ansie (litigi con colleghi, ore nel traffico, brutto tempo, appuntamenti saltati) che con il partner non c’entrano proprio nulla. Ma un viso tirato certo non è l’aspettativa di chi sta contando i minuti per poter stare con te.
Le persone a noi più care sono maggiormente soggette a questo tipo di contagio anche perché ci tengono particolarmente al nostro benessere. Sarebbe davvero carino riuscire a delimitare le preoccupazioni all’interno del contesto che le ha generate per impedire loro di “far ammalare” tutti gli altri ambiti della nostra vita.
Sei connesso?
No, non mi riferisco ad una connessione tecnologica ma a quella umana: l’empatia. Prendo atto però che non sempre viene usata e ho incontrato persone che giuravano di non averla mai avuta! Se l’emozione l’ho paragonata ad un contagio adesso come minimo devo presentare il vaccino. Se dobbiamo dare per buono che l’empatia non è da tutti, scelgo qualcosa di più semplice per rendere migliore il mondo: l’altruismo! Che lo consideriate l’opposto del disinteresse o una buona dose di generosità, pensare al bene degli altri è qualcosa che fa stare bene anche se stessi. Riconoscere le proprie emozioni mentre si stanno manifestando ed essere in grado di percepire lo stato d’animo di chi ci è di fronte (soprattutto se è una persona a noi molto vicina) non serve a nulla se non interveniamo tenendone conto.
Siamo programmati per essere collegati con i nostri simili. E allora facciamolo, ma facciamolo bene!