Ma la vita è sempre in salita?
Non so voi, ma io spesso mi ritrovo stanca e affaticata a fine giornata. Mi rendo conto che non dipende unicamente dalla frenesia con cui vivo il quotidiano, la scuola dei ragazzi, il lavoro, la spesa, la casa, e anche i gatti!
A volte è una stanchezza diversa, quella pesantezza che si accumula quando devi sempre lottare ogni giorno per portare a casa il risultato, quello stress costante di quando le cose si complicano, la fatica fisica e mentale di non potersi mai fermare per riprendere fiato. Ecco, in questo periodo, ormai da vent’anni, io vivo così. Sono vent’anni esatti, il 17 ottobre 2000 infatti mi laureavo e sebbene mi sembrava che stesse cominciando una grande avventura, dicevo addio tristemente alla leggerezza, anche se ancora non lo sapevo.
Ma quando finirà questa vita tutta in salita? Nei momenti di sconforto ho un metodo infallibile per tirarmi su il morale ed è guardare a come stavo 2, 5, 10 anni fa. Certamente ero più giovane ma avevo tanta inesperienza, spesso navigavo a vista anche sulle cose di lavoro, non gestivo adeguatamente le mie emozioni, attacchi d’ira si alternavano a pianti isterici. Soprattutto non sapevo cosa volevo, perché quello che facevo sembrava andare bene a tutti tranne che a me. Credo sia proprio questo il punto, la svolta arriva quando ti domandi: ma io che voglio? Cosa mi fa stare bene, veramente bene? Ma non basta farsi questa domanda e saper rispondere, bisogna anche zittire tutte quelle voci esterne ed interne che ci ricordano cosa la società, la famiglia, gli amici, il buon senso ritiene essere adeguato a un brava moglie, madre, figlia, lavoratrice.
Ma ha davvero senso corrispondere a tutte queste direttive se poi dentro di te senti un vuoto che non riesci a colmare? Quale senso ha corrispondere a canoni altrui se non mi rendono felice?
Non è così semplice. Noi siamo esseri sociali, viviamo in gruppo e l’appartenenza e l’inclusione verso i nostri simili è alla base del nostro benessere. Ci relazioniamo quotidianamente e il sapere di essere accettati e riconosciuti dagli altri come loro simili ci rende sereni, almeno da questo punto di vista. Tuttavia, man mano che gli anni passano cominci a dare sempre meno peso a tutto questo e cominci a concentrarti su quel vuoto, che nel frattempo è cresciuto, esattamente come te.
Nel film Il Migliore c’è una bella scena con Robert Redford e Gleen Close. Lui è in un letto di ospedale, amareggiato e triste per la sua sorte, si lamenta che la sua vita come giocatore è al termine. Lei con una saggezza che è solo di chi ha esperienza diretta esclama: “Penso che abbiamo due vite…la vita con cui impariamo, e quella che viviamo dopo”. Che significa?
Il senso è nascosto nel sacrificio e nel tenere duro. Nessuno ci regala niente. Sulla nostra pelle viviamo i contrasti della nostra anima e le peripezie che il nostro istinto ci porta a fare per venire a galla. Abbiamo bisogno di tempo per scoprire chi siamo veramente e cosa desideriamo di meglio per noi. È la parte in salita della nostra vita. Dobbiamo essere disposti a non arrenderci, ad andare sempre avanti, ad interrogarci e a fidarci del nostro istinto anche senza le risposte giuste. Solo imparata la “lezione” sulla nostra vita, potremo vedere la fine della salita. Joseph Campbell, autore de “L’eroe dai mille volti”, lo spiega benissimo:
Dobbiamo essere disposti a sbarazzarci della vita che avevamo programmato,
per poter mettere le mani su quella che ci aspetta.
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